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Nico Rosberg, un campione sulle orme del padre

Nico Rosberg è cresciuto nel mito di suo padre Keke, campione nel 1982. Per affermarsi ha dovuto lottare, ma alla fine ne è valsa la pena

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Nico Rosberg campione del mondo nel 2016, come suo padre Keke nel 1982
Nico Rosberg campione del mondo nel 2016, come suo padre Keke nel 1982 (© Formula 1)

Nico Rosberg ha scritto il suo destino per realizzare un sogno con fatica e dedizione. Un pilota strategico e determinato che ha costruito mattone dopo mattone il suo percorso verso la corona iridata, arrivata in famiglia già molti anni prima.

Nella scia di un padre divenuto campione

Rosberg è cresciuto nelle orme di un papà che aveva affermato il suo nome nel campionato più ambito, per chi ama le corse automobilistiche. Nico si è appassionato subito alla disciplina di Keke e nella sua mente c’era un obiettivo ben chiaro: diventare campione del mondo, come il papà.

I suoi primi passi li mosse sotto l’ala di BMW. Vinse il suo primo titolo nella Formula BMW nel 2002, anno del suo esordio in monoposto. Proseguì il suo cammino nelle Euro Series e poi in GP2 con ART GP. Il team francese fu il punto di svolta per il giovane Rosberg. Sotto la guida del ben noto Frédéric Vasseur, Nico vinse il campionato alla prima stagione nel 2005 e quello fu il lancio definitivo verso la F1.

La maturazione in Williams

Nel 2006 debuttò sulla Williams FW28 ed in Bahrain alla prima gara stagionale ottenne un settimo posto finale, che significava raccogliere i primi punti iridati della sua carriera. Nei due anni seguenti Nico crebbe in modo costante e si dimostrò competitivo, sfiorando anche il podio ad Interlagos nel 2007.

Ormai era maturo per ottenere qualcosa di più. Il mondiale 2008 partiva dall’Australia ed è lì che Rosberg piazzò il primo grande colpo della sua carriera in F1. Al traguardo arrivò terzo, conquistando il suo primo podio. Nella stagione visse alti e bassi, ma il secondo posto ottenuto a fine campionato a Singapore confermò il talento, ancora grezzo, del tedesco.

Ancora un anno in Williams, in cui conquistò punti in 11 tappe di cui 8 volte di fila. Rosberg era pronto per una grande sfida; per essere la scelta su cui un grande costruttore avrebbe costruito il suo futuro radioso.

Nico Rosberg, la scelta vincente

Mercedes tonò in F1 nel 2010 e lo fece in grande stile, ingaggiando Michael Schumacher, 7 volte campione del mondo. Il ruolo del Kaiser era quello di contribuire allo sviluppo e alla crescita del team per renderlo una squadra d’élite, in grado di vincere dei titoli. Al suo fianco fu scelto Nico, un giovane tedesco di belle speranze, che aveva dimostrato qualità utili al progetto della Casa di Stoccarda.

Rosberg crebbe accanto a Michael, ne assorbì i segreti e molto spesso gli stava davanti. Al primo anno, nonostante il progetto giovane, riuscì a ottenere tre podi. La prima vittoria in Formula arrivò invece nel 2012 in Cina, ma la vettura non era ancora pronta per il trionfo mondiale.

Nel 2012 terminò anche il ciclo di Schumacher che decise di ritirarsi per la seconda volta in carriera, ma stavolta definitivamente. Niki Lauda, affiancato a Toto Wolff, scelse il campione del mondo 2008 Lewis Hamilton. I due si conoscevano fin dai tempi dei kart e metterli insieme nella stessa line up sembrò lo scenario perfetto per costruire un team incontrastabile.

Purtroppo quello fu solo l’inizio di una rivalità che negli anni avvenire dominò la Formula 1. Nel 2013 Nico si mostrò forte, vinse più dell’inglese e si sentiva il capitano della squadra. Il 2014 però smentì tutte le sicurezze che Rosberg aveva accumulato nel tempo.

Mai più amici

La rivoluzione tecnica di quella stagione portò Mercedes ad essere in una situazione dominante rispetto a tutti gli altri. Il Mondiale si giocava tra i due alfieri argentati e non si risparmiarono certo colpi di scena. Fin dalla prima gara fu chiaro che tra Nico e Lewis l’amicizia si sarebbe trasformata in una rivalità agguerrita.

Quella stagione segnò il primo KO a favore dell’inglese, che ad Abu Dhabi vinse il suo secondo titolo mondiale, dopo 19 gare da cardiopalma. Rosberg si dovette arrendere ad un problema tecnico che lo relegò al 14esimo posto finale, nell’ultima tappa.

La delusione era moltissima. Lui cresciuto in quella squadra, che aveva portato fino ai vertici del motorsport, dovette cedere lo scettro all’amico appena arrivato.

Nel 2015 Hamilton affermò sempre di più la sua forza e vinse il terzo titolo in scioltezza; nel 2016 invece Rosberg decise di invertire la rotta. Come poteva subire così tanto un pilota che conosceva così bene? Il talento di Lewis non è da mettere in discussione, ma Nico sapeva che se voleva avere una chance, doveva guidare perfettamente, senza commettere errori per tutto l’anno.

Campione senza ritorno

Nel 2016 partì subito forte. Quattro vittorie di fila e leadership incontrastata. Nell’arco della stagione Lewis tornò ad insidiare Rosberg, ma il tedesco riuscì sempre a rispondere, non mollando di un centimetro. Lo sforzo mentale che chiese a se stesso fu incredibile, ma Nico sapeva benissimo che era l’unico modo per minare la sicurezza del suo compagno di squadra.

All’ultima gara, con una gestione perfetta Rosberg riuscì a laurearsi campione del mondo, realizzando il sogno di una vita. La fatica impiegata per raggiungere quel traguardo fu enorme; tanto che il giorno dopo il successo Rosberg annunciò il suo ritiro dalla F1, lasciando attoniti tutti.

Da quella decisione Nico non è mai tornato indietro e sembra intenzionato a non farlo. Ha raggiunto il cielo e lì ha deciso di restare, senza il rischio che quella corona gli venisse strappata l’anno dopo. Rosberg ha lasciato da campione e con la convinzione che battuto uno dei migliori, lui non potrà mai più essere sconfitto. Almeno in pista.

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