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Formula 1

Sebastian Vettel, la semplicità di essere un pilota

Sebastian Vettel è rimasto nei cuori di tutti gli appassionati del motorsport. Non solo come vincitore, ma soprattutto come uomo.

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Sebastian Vettel a Imola durante il suo ricordo per Roland Ratzenberger e Ayrton Senna
Sebastian Vettel a Imola durante il suo ricordo per Roland Ratzenberger e Ayrton Senna (© formula1.com)

Domani Sebastian Vettel compirà 37 anni. Ormai manca dal circus della F1 da più di una stagione e per quanto oggi tutto scorra velocemente, non sembra neanche mancare al paddock, in cui ha vissuto la maggior parte della sua vita, per 15 anni.

La realtà è ben diversa; perché Seb ha rappresentato quell’ultimo baluardo di semplicità che era rimasto in griglia. Non un pilota social, non una star, ma semplicemente un pilota che amava vivere la sua passione più grande.

Un cammino segnato dal sorriso

Sembra passata una vita da quell’ultima gara ad Abu Dhabi in cui Vettel ha salutato tutti. Il suo solito sorriso, che lo ha sempre contraddistinto, si intravedeva sotto il casco bianco, con la bandiera tedesca; livrea divenuta iconica da quando ha vestito la tuta Ferrari.

Seb si è levato dall’abitacolo dell’Aston Martin ed è sbucato dal fumo che si era depositato sul rettilineo di Yas Marina, dopo i burnout del tedesco. Si è goduto, per l’ultima volta da pilota, il pubblico che lo acclamava. Poi lo scenario è calato, a chiusura di una carriera straordinaria.

Ecco quel sorriso lo ha accompagnato per tutta la sua vita motoristica, insieme a quella semplicità e naturalezza che lo ha reso un campione unico. La prima volta che la F1 ha conosciuto quel sorriso fu nel 2006, quando Vettel vestiva i colori BMW e divenne terzo pilota della squadra bavarese.

Fin da subito impressionò tutti, compreso il suo idolo Michael Schumacher, che dopo il miglior tempo ottenuto nelle libere in Turchia, alla sua prima sessione ufficiale, gli fece i complimenti. Una benedizione che sapeva di presagio.

Da quel momento il pilota di Heppenheim, figlio di Norbert, ne ha fatta di strada. Ha macinato chilometri nelle monoposto di F1, scrivendo prima la storia in Toro Rosso e poi in Red Bull. Ha inseguito il suo sogno di diventare campione del mondo in Rosso; ma ha fallito. Eppure Seb il sorriso non lo ha perso mai, perché in fondo il suo desiderio era fare il pilota e in quello aveva avuto successo.

Sebastian Vettel, le lacrime di un campione

Vettel è sempre stato un pilota emotivo e questo non lo ha mai nascosto. Non lo ha nascosto nelle sue reazioni in pista, così come sul podio in occasione delle innumerevoli vittorie conquistate o di fronte alle difficoltà delle stagioni più difficili.

Le lacrime sul podio a Monza, nel 2008, quando vinse la sua prima gara in assoluto con la Toro Rosso, partendo dalla pole. L’emozione di quel giorno si leggeva nitida sul volto di un ragazzo di soli 21 anni, salito sulla vetta del mondo.

Le stesse sensazioni apparse sul suo volto quando vinse il primo titolo mondiale nel 2010 all’ultimo appuntamento ad Abu Dhabi; la stessa pista in cui 12 anni dopo ha salutato tutti con gli occhi gonfi fi felicità.

Da quel giorno in cui si consacrò definitivamente, la vittoria divenne un abitudine per Seb. Complice la macchina, la Red Bull disegnata da Adrian Newey, che sembrava un’astronave e che il tedesco portava al limite con una facilità unica.

Con la Scuderia austriaca Vettel è diventato quattro volte campione del mondo, raccogliendo il suo ultimo alloro nel 2013. Dopo aver reso grande la squadra di Christian Horner, però Sebastian voleva di più. Aveva una missione da compiere e un sogno da realizzare: seguire le orme del suo idolo; il Kaiser in rosso.

Il sognatore

A posteriori si può dire che per inseguire il cuore Seb si sia giocato le sue ultime chance di diventare il pilota più vincente in Formula 1, ma ognuno è chiamato a scrivere la sua storia, seguendo il proprio destino.

Vettel era destinato a vestirsi di Rosso e a varcare le soglie di Maranello per rincorrere quel sogno che aveva sin da bambino. La sua avventura in Ferrari iniziò con il botto. Nel 2015 siglò una vittoria alla seconda gara in Malesia e da lì percorso fu in crescendo.

Il quattro volte campione del mondo prese un brutto anatroccolo rosso e lo riportò ai vertici del mondiale, in lotta con una Mercedes dominante. Seb lottò contro Hamilton, ma la superiorità tecnica del duo anglo-tedesco non fu mai scalfita e per ben due stagioni, 2017 e 2018, Vettel si dovette arrendere.

Dal 2019 i tanti cambiamenti nell’ambiente di Maranello, fecero calare l’autorità del tedesco. Un nuovo volto; quello di Charles Leclerc e la scarsa competitività della vettura rilegarono Sebastian al ruolo di gregario, a cui non era abituato.

Non solo; nel 2020 venne addirittura accompagnato alla porta. La magia si spezzò e quanto fatto nelle cinque stagioni precedenti sembrò non essere più abbastanza.

Un ultimo Valzer

Una volta chiuso il ciclo con Ferrari, molti furono i dubbi accumulati sul talento del tedesco, ma lui non si lasciò mai abbattare. Scelse una nuova casa, la sua ultima in F1: Aston Martin. Dietro a quella decisione la voglia di dimostrare che dietro al volante sapeva ancora starci e soprattutto la volontà di dissetare la sua passione per le corse.

Con la casa inglese ha raccolto un podio, prima di maturare la sua decisione finale; a fine del 2022 si sarebbe ritirato. Seb ha maturato la scelta consapevole che il suo tempo in quel circus, che tanto gli aveva dato, era finito. Quella F1 non era più quella in cui era arrivato e in cui era esploso.

Troppo tempo lontano da casa, la voglia di stare a casa con la famiglia e crescere i figli premeva sempre di più. Oltre alla consapevolezza che nel mondo c’erano altre sfide da vincere. Un pianeta e molti dei suoi ecosistemi da proteggere e da salvare.

Oltre il campione

Il vuoto lasciato da Seb dopo il suo ritiro è stato palese. Non solo nelle parole dei suoi colleghi e di chi lo ha raccontato da vicino, ma perché con lui se ne sarebbe andato l’ultimo pilota ad incarnare quei valori di semplicità che provenivano dal passato.

Dal suo ritiro ha iniziato campagne di sensibilizzazione, che ha portato avanti insieme alla Formula 1. La curva dedicata alle api in Giappone, o le altre campagne che porta avanti sui suoi profili social, sono solo degli esempi del suo lavoro lontano dai riflettori.

Il suo gesto più bello però, almeno a mio parere, è stato il ricordo di Ayrton Senna e Roland Ratzenberger portato in pista a Imola, quest’anno in occasione dei 30 anni dalla scomparsa dei due piloti.

Vederlo nella McLaren del campione brasiliano è stata un’emozione unica vissuta da tutti i presenti, nella domenica del GP di Imola. Il pubblico che inneggiava il suo nome e si emozionava nel vederlo nuovamente alla guida di una monoposto di F1, è stata l’ennesima dimostrazione che Seb è arrivato al cuore delle persone, prima come uomo e poi come vincente.

Questo forse vale più di qualsiasi titolo sportivo.

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