Formula 1GP Messico
Autodromo Hermanos Rodriguez: sfida ad alta quota in Messico
Alta quota, alta sfida: il circuito di Città del Messico mette alla prova aerodinamica, trazione e gestione gomme

Situato a Città del Messico a oltre 2.200 metri di altitudine, l’Autodromo Hermanos Rodriguez, teatro del GP del Messico di F1, rappresenta una sfida unica sia per i piloti che per gli ingegneri. L’aria rarefatta riduce l’efficienza aerodinamica e il raffreddamento dei motori, costringendo le squadre a soluzioni estreme di compromesso.
F1, le caratteristiche dell’Autodromo Hermanos Rodriguez
L’Autódromo Hermanos Rodríguez misura 4,304 chilometri e il Gran Premio del Messico si disputa su 71 giri, per una distanza complessiva di 305,354 chilometri. Il tracciato presenta tre zone DRS: la prima sul lunghissimo rettilineo principale (oltre 1.200 metri), la seconda tra le curve 3 e 4 e la terza nel tratto che precede l’ingresso allo stadio, tra le curve 11 e 12.
Il layout del circuito di Città del Messico

Il layout del circuito (© F1)
Strategie e setup
All’Autodromo Hermanos Rodriguez la gestione delle gomme è estremamente complicata. A causa dell’altitudine è un fenomeno ricorrente il graining, ovvero una forma di usura che lascia piccoli riccioli di gomma sulle ruote. L’asfalto piuttosto liscio e la bassa aderenza dovuta all’aria rarefatta rendono inoltre difficile mandare in temperatura gli pneumatici anteriori, mentre la sezione lenta dello stadio può facilmente surriscaldare quelli posteriori.
Nella maggior parte delle edizioni, la strategia ideale è risultata a una o due soste, con un’attenzione particolare al degrado termico: chi riesce a prolungare il primo stint senza perdere ritmo spesso si trova in posizione di vantaggio nella fase finale. Pirelli porterà le mescole C5, C4 e C2, quest’ultima tra le più dure della gamma. Potrebbe essere impiegata da chi punterà a fare un solo pit stop, sacrificando prestazione per guadagnare durabilità e prolungare uno dei due stint.
Sul fronte del setup, la chiave è trovare il compromesso tra velocità di punta e stabilità in curva. Le squadre adottano ali da alto carico aerodinamico, simili a quelle usate a Monaco o Budapest, ma la minore densità dell’aria riduce comunque la deportanza reale.
Di conseguenza, il bilanciamento meccanico diventa cruciale: le sospensioni vengono regolate per garantire trazione in uscita dalle curve lente e stabilità nei cambi di direzione delle “esse” centrali. Anche il raffreddamento rappresenta una sfida: radiatori più aperti e soluzioni di flusso ottimizzate sono indispensabili per mantenere sotto controllo le temperature di motore, freni e batteria, particolarmente sollecitati a oltre duemila metri di quota.
Primo settore
La lunga retta principale (oltre 1,2 km) è una delle più lunghe dell’anno: qui le monoposto superano i 360 km/h prima di una delle frenate più violente del mondiale. Curva 1 è una destra secca da seconda marcia: chi frena tardi può tentare il sorpasso, ma deve gestire bene la stabilità in frenata.
Curva 2 e 3 completano una sequenza a “S” lenta, cruciale per la trazione: uscire bene da qui è fondamentale per l’allungo verso Curva 4 e la seconda zona DRS.
Secondo settore
Curva 4 è un altro punto di sorpasso classico, con una frenata impegnativa da oltre 320 km/h. La 5 e la 6 formano un cambio di direzione stretto, dove il grip meccanico e la precisione del retrotreno fanno la differenza. Qui è facile bloccare l’anteriore sinistro o perdere tempo in trazione.

I cambi di direzione delle curve 4-5-6 (© F1 GP Messico)
Segue una delle sezioni più spettacolari del circuito: una serie di curve in appoggio medio-veloce che ricordano, in piccolo, la vecchia sezione del tracciato originale. Le vetture devono essere stabili e reattive, con un bilanciamento aerodinamico fine. Una minima perdita di carico può tradursi in sovrasterzo e perdita di tempo. La Curva 11 immette sull’ultimo tratto di rettilineo con DRS, dove la potenza della power unit torna a contare.

La “S” veloce delle curve 9-10-11 (© F1)
Terzo settore
Infine si entra nella sezione più iconica del tracciato. Unico nel suo genere, il tratto dello stadio Foro Sol fa vibrare le tribune: le vetture rallentano fino a 70 km/h passando tra le gradinate piene di appassionati. Si entra in Curva 12, un tornante stretto, poi si danza tra i cordoli lenti di 13 e 14. È una sezione scenografica ma insidiosa, dove è facile perdere tempo o surriscaldare le gomme posteriori.
Due curve leggere a destra riportano sul rettilineo principale: qui conta la trazione e l’erogazione dolce della potenza. Chi riesce a uscire con le gomme ancora fresche ha un vantaggio enorme in velocità di punta.

Vista dall’alto del tratto dello Stadio e del rettilineo principale (© F1)