Formula 1
Circuit of the Americas, dove la Formula 1 incontra il far west
Setup, degrado gomme, strategie e segreti tecnici: ecco l’analisi completa del COTA, cuore texano della Formula 1

Dal 2012, il Circuit of the Americas di Austin rappresenta l’anima americana della F1 moderna. Teatro del GP degli USA, è un tracciato tecnico, spettacolare e fisicamente impegnativo, capace di fondere ispirazioni europee con un carattere tipicamente yankee.
F1, le caratteristiche del Circuit of the Americas
Con i suoi 5.513 metri e 20 curve, il COTA è un circuito completo, dove si esaltano i piloti più versatili e gli ingegneri più attenti al bilanciamento aerodinamico. Progettato da Hermann Tilke con il pilota motociclistico americano Kevin Schwantz, il COTA non è un semplice circuito “di nuova generazione”.
Ogni settore richiama un riferimento storico: la rapidissima sequenza delle curve dalla 3 alla 9 riprende la celebre sezione Maggotts-Becketts-Chapel di Silverstone, mentre curva 11 imita la lenta hairpin di Hockenheim, preludio al lungo rettilineo da 1,2 km, il punto DRS più efficace del tracciato. Infine, il terzo settore, tortuoso e tecnico, ricorda la parte finale di Istanbul Park e le “S Curves” di Suzuka.
Il layout del circuito del COTA

Il layout del circuito (© F1)
Strategie e setup
Secondo l’analisi di Pirelli, le forze esercitate sugli pneumatici al COTA sono abbastanza bilanciate tra asse anteriore e posteriore, con carichi prevalentemente laterali piuttosto che verticali. La degradazione è di tipo termico, fortemente influenzata dalle temperature ambientali che in Texas, nel mese di ottobre, possono variare sensibilmente da un giorno all’altro.
Nella Sprint, i team avranno l’occasione di raccogliere dati preziosi per definire la strategia del Gran Premio. Quest’anno, per quanto riguarda le coperture utilizzabili, Pirelli ha optato per il salto di mescola: saranno disponibili le gomme C1 (dure), C3 (medie) e C4 (morbide).
Tradizionalmente, la strategia a due soste è la più rapida, mentre il tentativo di completare la gara con un solo pit stop richiede una gestione molto attenta del degrado a scapito della performance pura. L’incremento del delta prestazionale tra le gomme hard e medie può aprire nuovi scenari in termini di strategia.
Il Circuit of the Americas richiede un setup bilanciato: non basta carico aerodinamico per il primo settore, né velocità pura per il rettilineo. Le squadre devono trovare un compromesso tra deportanza e resistenza all’avanzamento, con una gestione accurata delle sospensioni per affrontare i numerosi dossi e sconnessioni.
Primo settore
L’arrivo in curva 1 è una delle immagini simbolo del circuito. La salita di 41 metri porta a una staccata cieca: si frena in piena salita, e la visuale si apre solo all’apex. Qui serve precisione chirurgica e stabilità in frenata; chi sbaglia l’ingresso paga caro nel successivo cambio di direzione.

La salita che porta a curva 1 (© Circuit of the Americas)
Da lì comincia il serpentone ad alta velocità: un tratto in cui le monoposto danzano tra i cordoli a oltre 250 km/h. È qui che si misura la bontà dell’assetto aerodinamico: serve un avantreno preciso, ma anche un posteriore stabile che non tradisca nei rapidi cambi di direzione. La velocità media è altissima e un piccolo errore può compromettere tutta la catena di curve successive.

Lo Snake del COTA (© F1)
Secondo settore
Dopo il serpentone, il tracciato rallenta bruscamente in curva 11, un tornantino molto stretto che introduce il lungo rettilineo da 1,2 chilometri. È una staccata violenta: si passa da oltre 320 km/h a meno di 80. La vettura deve restare bilanciata nonostante le sconnessioni del fondo. Una buona trazione in uscita è vitale per massimizzare la velocità nel tratto DRS.

Il tornantino di curva 11 (© Circuit of the Americas)
Alla fine del rettilineo si arriva in curva 12, il punto di sorpasso più chiaro del circuito. La frenata è in discesa e offre diverse linee possibili, ma uscire troppo larghi significa perdere tempo nel tratto lento che segue.
Terzo settore
Il T3 inizia con una parte tecnica e tortuosa, da curva 13 a curva 15, dove le vetture si muovono più lentamente ma con estrema precisione. È una sezione che esalta la sensibilità del pilota: troppo sottosterzo e si perde tempo in inserimento, troppo sovrasterzo e si distrugge la trazione in uscita. L’asfalto in leggera pendenza e le continue variazioni di direzione mettono a dura prova la stabilità del retrotreno.
Poi arriva una delle firme del COTA: la lunga piega a destra di curva 16-18, tre curve che si affrontano praticamente in un unico, lunghissimo appoggio. Qui il pilota resta con l’acceleratore spalancato per diversi secondi, con forze laterali che superano i 4 g. È un tratto che mette sotto stress sia le gomme sia il collo, e dove l’equilibrio aerodinamico della vettura fa la differenza.
Il giro si chiude con le pieghe a sinistra in contropendenza di curva 19 e curva 20. La prima è rapida ma insidiosa: basta un minimo errore per perdere l’anteriore. L’ultima, invece, è più lenta e chiude il giro con un dosso in uscita che può far pattinare il posteriore. Una curva in cui si decide spesso la pole: serve pulizia, ma anche coraggio nel portare velocità fino alla linea del traguardo.