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Rosato: «In Ferrari la politica supera il lavoro». Questo il motivo della crisi di Hamilton?

Lewis Hamilton sta vivendo un momento di grande crisi nel suo primo anno di Ferrari. Che i giochi di potere a Maranello siano la causa?

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Lewis Hamilton pensieroso in Ungheria
Lewis Hamilton pensieroso in Ungheria (© Ferrari)

Nella prima parte della stagione di Formula 1, uno dei grandi temi è la crisi di Lewis Hamilton, alla sua prima stagione in Ferrari. Il sette volte campione del mondo sta soffrendo il passaggio alla scuderia emiliana, dopo dodici stagioni in Mercedes. Nelle ultime settimane l’inglese si è mostrato frustrato ma laborioso, parlando di dossier che ha preparato con i punti necessari per migliorare la Scuderia. Tante possono essere le motivazioni dietro la difficoltà di ambientamento di Hamilton a Maranello. Che una di queste sia la politica interna presente in Ferrari?

I dossier di Hamilton

Facciamo un passo indietro. Il confronto tra Hamilton e Charles Leclerc è impietoso, con 42 punti di differenza in classifica e un bilancio di ben cinque podi a zero. Il nativo di Stevenage si è mostrato via via sempre più in difficoltà anche fuori dalla pista. Il picco si è raggiunto nelle ultime due settimane. In Ungheria, dopo le qualifiche, Hamilton ha detto di essere inutile per il team, che dovrebbe pensare di cambiare pilota, visto che Leclerc ottiene risultati.

Nella conferenza stampa pre-Spa, la settimana precedente, Hamilton aveva invece spiegato il tipo di apporto che sta dando all’interno del team: «Durante l’anno, dopo le prime gare, ho redatto un documento completo per il team. Poi, durante questa pausa, ho inviato altri due documenti e, quando sono arrivato, volevo affrontare quei punti. Parte di questo riguarda aggiustamenti strutturali che dobbiamo fare come team per migliorare in tutte le aree che vogliamo sviluppare. L’altra parte riguarda davvero la macchina, i problemi attuali che ho, alcune cose che voglio portare sulla vettura del prossimo anno e altre su cui invece dobbiamo lavorare per cambiarle.

Vedo un enorme potenziale in questo team. La passione è incredibile. Ma è un’organizzazione enorme e ci sono tante parti in causa. Non tutte stanno funzionando come dovrebbero. Questo è il motivo per cui la squadra non ha avuto il successo che credo meriti. Sento che il mio compito è sfidare assolutamente ogni area, sfidare tutti all’interno del team. In particolare quelli che sono al vertice e prendono le decisioni».

Hamilton durante un'intervista

Hamilton durante un’intervista (© Ferrari)

Infine l’affondo al recente passato Ferrari, ferite ancora vive soprattutto nel cuore dei tifosi del Cavallino Rampante: «Non voglio finire come Alonso e Vettel, che non hanno vinto nessun titolo qui. Quindi sto facendo un passo in più. Sono stato molto fortunato ad aver fatto esperienza in altre due grandi squadre. Anche se le cose sono diverse, perché la cultura è diversa, penso che se percorri sempre la stessa strada, ottieni sempre gli stessi risultati. Quindi sto semplicemente mettendo in discussione certe cose. Sono stati incredibilmente ricettivi.

Stiamo migliorando in tante aree, attraverso il marketing, attraverso tutto ciò che offriamo agli sponsor, nel modo in cui gli ingegneri continuano a lavorare. Ci sono ancora molti miglioramenti da fare, ma sono stati molto ricettivi. Sto solo cercando di creare alleati all’interno dell’organizzazione, motivarli e spingerli. Sono qui per vincere. Credo davvero nel potenziale di questa squadra».

Gino Rosato: «In Ferrari c’è il 60% di politica e il 40% di lavoro»

L’analisi di Hamilton fornisce molti spunti. Si può essere considerati malpensanti, ma quello che potrebbe trasparire è che non tutto funzioni come solitamente è abituato a lavorare l’ex McLaren e Mercedes. Non solo in termini di metodologia di lavoro, ma anche nella cultura aziendale in senso stretto. Tra gli addetti ai lavori c’è l’impressione infatti, più o meno circostanziata, che Ferrari sia quasi frenata dalla politica interna.

Negli ultimi giorni, un’intervista dell’ex membro della Scuderia Ferrari Gino Rosato, rilasciata al podcast Pitstop, ha dato forza a questa impressione. «Maranello non è un posto semplice in cui lavorare», ha dichiarato l’italo-canadese. «Ho lavorato in Lotus e in un team inglese la divisione tra lavoro e politica è 70% a 30%. In Ferrari, invece, a volte la politica arriva al 60%».

 

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Volendola mettere giù in breve, si utilizzano più energie per star dietro alle relazioni interne e ai giochi di potere aziendali che a lavorare. Lo stesso Rosato ha spiegato quale fosse il suo lavoro a Maranello, senza entrare troppo nei dettagli, ma dando qualche idea: «Sono stato la figura di riferimento per ogni team principal della Ferrari nel mio periodo lì: Todt, Domenicali, Arrivabene e Binotto. Mi occupavo di tutto ciò che non si poteva spiegare apertamente, ma che era fondamentale per far funzionare il team. In sostanza mi affidavano i lavori sporchi, quelli che non si possono spiegare, ma che qualcuno deve fare.

Avete visto cos’è successo in Red Bull o in altri team. Ogni team ha i suoi conflitti, ogni anno ha i suoi problemi. È parte dello sport. È un piccolo villaggio con un sacco di soldi in ballo e molte aquile. Tutti lavorano per arrivare a una punta di quell’iceberg. Ogni team ha un ruolo del genere. Non ero uno degli uomini più potenti in Ferrari, ma ero quello con le orecchie più lunghe. Se c’era qualsiasi problema, io facevo da filtro».

La politica interna Ferrari c’entra con la crisi di Hamilton?

Nella ricerca di una motivazione della crisi di Hamilton in Ferrari, le parole di Gino Rosato fanno riflettere. Se si associano alle recenti dichiarazioni dell’inglese, si può immaginare uno scenario possibile. Non necessariamente reale, ma plausibile. Il sette volte campione del mondo potrebbe essersi trovato in un ambiente molto complesso, ingessato da alcune dinamiche interne. E probabilmente orfano di una figura come quella di Rosato, che oliasse al meglio i meccanismi aziendali, rendendo il lavoro il più fluido possibile.

Che sia la politica interna il freno a mano tirato a Maranello? È una delle idee che qualcuno può essersi fatto in questi anni. Impossibile saperlo con certezza, ed è anche giusto così. Ogni azienda ha le sue dinamiche interne. Se queste sono dannose, sono anche fatti dell’azienda stessa.

Quello che è quasi certo, è che Hamilton non si dovrebbe essere mai trovato in un’azienda così “politica” come la Ferrari. Che sia anche questo l’aspetto sul quale l’inglese sta lavorando? Al momento non ci è dato sapere.

Hamilton aiuta Leclerc a salire su un golf kart in Ungheria

Hamilton e Leclerc in Ungheria (© Ferrari)

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