Formula 1
Dal dramma Indianapolis alla luccicante Las Vegas: il rapporto tra la F1 e gli USA
Dopo il 19 giugno 2005, i rapporti tra la F1 e gli USA sembravano definitivamente terminati. Una serie di dinamiche però hanno cambiato le carte in tavola.

19 giugno 2005. Esattamente 20 anni e 2 giorni fa, il rapporto tra la F1 e gli USA sembrava essere completamente distrutto. Quella è infatti la data del famoso GP di Indianapolis a cui i gommati Michelin decisero di non partecipare per motivi di sicurezza, scatenando le ire dei tifosi. Oggi invece, proprio il mercato americano è diventato ormai da qualche anno il target principale di questo sport.
F1, GP USA 2005: figuraccia mondiale
Quello di 20 anni fa fu non solo un evento che rischiò di segnare per sempre i rapporti con il mercato americano, ma fu probabilmente uno dei punti più bassi nella storia della F1. Dopo i diversi problemi occorsi a piloti gommati Michelin in percorrenza dell’ultima curva sopraelevata, la casa francese diramò un comunicato in cui annunciò di non poter garantire il 100% della sicurezza per nessuno dei suoi assistiti.
I tentativi di mediazione fallirono e così, dopo il giro di ricognizione, i piloti dei team gommati Michelin si ritirarono in blocco, su suggerimento delle rispettive squadre. La corsa vide protagoniste solo 6 vetture: Ferrari, Jordan e Minardi. L’intero svolgimento fu contraddistinto da furenti proteste da parte del pubblico, con anche lancio di oggetti in pista. Molti abbandonarono proprio le tribune nel corso della gara.
Quell’evento portò alla momentanea fine dei rapporti tra F1 e USA. Le edizioni del GP di Indianapolis 2006 e 2007 si svolsero regolarmente, come da contratto, ma da lì per anni gli Stati Uniti d’America sparirono dal calendario.
Austin e Liberty Media
Un primo tentativo di riavvicinamento avvenne con l’introduzione del GP sul nuovissimo tracciato di Austin a partire dalla stagione 2012. Il circuito ricevette l’approvazione definitiva a poche settimane di distanza dall’effettivo inizio del primo weekend assoluto della F1 in Texas. La prima edizione venne vinta da Lewis Hamilton, all’epoca pilota della McLaren. Il tracciato di Austin è ancora adesso in calendario, l’unica edizione saltata è stata quella del 2020 a causa della pandemia COVID-19.

La partenza di Austin 2023 (© Mark Thompson/Getty Images)
L’evento che però ha definitivamente svoltato in positivo il rapporto tra la F1 e gli Stati Uniti d’America è stato l’ingresso di Liberty Media come proprietario del campionato dal 2017. La holding statunitense cominciò subito il lungo percorso che portò all'”americanizzazione” del campionato. Il primo importante passo è stato la creazione di Drive to Survive, la cui prima edizione, uscita nel 2019, raccontò il dietro le quinte dell’annata 2018. Un appuntamento, quello con l’uscita della nuova edizione della serie, che ancora oggi è fisso ogni anno, con lo stesso format.
Una vera e propria americanata, il tentativo di portare lo show all’interno della competizione, unendo così sport e intrattenimento. Un’iniziativa che proprio negli USA ha avuto, e ha ancora adesso, un grandissimo successo. Il netto incremento del bacino di pubblico made in USA partì proprio da qui.
Il resto, una normale conseguenza
Il processo ha avuto negli anni anche una serie di altri step. I più importanti sono quelli che hanno portato all’aumento da una a tre tappe USA nel calendario di F1. Dal 2022, il campionato corre sul tracciato di Miami, mentre nel 2023 è stato inaugurato il circuito di Las Vegas. Tracciati che sono molto in linea anche con la politica della F1 odierna: moderni e cittadini.
Ultimi, ma non per importanza, altri due indizi. L’annuncio del film su Brad Pitt, prossimamente nelle sale di tutto il mondo su produzione Apple; e l’ingresso dell’Andretti Group in F1 dal 2026, altro marchio americano che andrà ad aggiungersi alla Haas. Il marchio di proprietà di Gene Haas è invece in pista dalla stagione 2015.
Il rapporto F1-USA ci insegna che…
fino a quando a contare erano più lo spettacolo in pista e la passione pura dei tifosi, per gli USA lo spazio in F1 era finito. Ad Indianapolis, nel 2005, a mancare furono proprio queste due componenti fondamentali. Lo spettacolo in pista fu prossimo allo zero e i tifosi sugli spalti letteralmente fuori controllo. Con il rischio anche di danneggiare le poche vetture presenti a causa degli oggetti finiti in pista.

Il circuito di Miami (© F1 Miami GP)
Da quando invece il business e lo spettacolo fuori dalla pista sono diventati importanti, allora ecco che la F1 è diventata magicamente tra i più americani degli sport. Scenografie particolari in giro per il paddock, come il mare e gli yacht finti di Miami, presentazioni dei piloti in stile Wrestling e tanto altro ancora. Tutti elementi che una volta erano considerati superficiali, ma che ogni anno assumono sempre più valore e che sono frutto di un processo di anni in cui questo sport è cambiato moltissimo.
Giusto? Sbagliato? De gustibus