Formula 1
L’eredità di Jules Bianchi nel lavoro dei commissari di percorso
Dopo il tragico incidente di Jules Bianchi nel 2014, le procedure di sicurezza in pista sono cambiate radicalmente. Come? Ecco le procedure dal 2015 in avanti
Dieci anni fa, esattamente il 5 ottobre 2014, a Suzuka si verificò l’incidente che causò il coma e poi la morte di Jules Bianchi, il 17 luglio 2015. Il drammatico incidente si verificò perché Bianchi perse il controllo della sua vettura sotto la pioggia battente che imperversava sul tracciato giapponese.
Nella via di fuga però, era presente un mezzo pesante, intento a rimuovere la Sauber di Adrian Sutil. Il tutto, sotto il regime delle semplici bandiere gialle. Un modo di operare assurdo per i giorni nostri, ma che in realtà era una prassi nel modo di recuperare le vetture dieci anni fa. Da quel giorno, infatti, cambiò tutto. Non solo nella Formula 1, ma in tutte le competizioni automobilistiche in circuito, di ogni campionato.
Incidente Jules Bianchi e le procedure in uso all’epoca
Come commissario di percorso auto, la mia licenza ACI Sport è datata 2012. La formazione mi è stata fatta quindi sul modo di operare di un tempo. Le nuove procedure furono in un certo senso pesanti da digerire, soprattutto per i commissari di vecchio corso, che vedevano il ricorso alla Safety Car come un modo per dire “non riuscite a rimuovere una vettura velocemente”.
Come si recuperava un’auto incidentata prima del 2015? Semplice. Non era automatico il ricorso alla Safety Car, né era indispensabile l’autorizzazione della direzione gara per entrare in via di fuga con i mezzi pesanti. Non appena l’incidente terminava, si esponevano le bandiere gialle e si andava nella via di fuga.
Insieme ai commissari entrava anche il mezzo pesante in dotazione, se presente, per portare in sicurezza la vettura nel più breve tempo possibile. Una sorta di corsa contro il tempo. Se la vettura (o le barriere) era molto danneggiata, o la pista aveva bisogno di ripristini per, ad esempio, la presenza di detriti o liquidi, i commissari lo segnalavano alla direzione gara che faceva intervenire la vettura di sicurezza. Nei casi più gravi, si ricorreva alla bandiera rossa.
Il campanello d’allarme nel 2007, non ascoltato
In presenza di una bandiera gialla, infatti, il pilota non avrebbe dovuto mettersi nelle condizioni di perdere il controllo della vettura. In casi estremi come nell’eventualità di un fondo scivoloso, o per negligenza, questo però poteva non succedere. Come accaduto a Suzuka.
All’epoca tutti i piloti sapevano che con le bandiere gialle i mezzi pesanti erano autorizzati ad entrare nelle vie di fuga. A volte però potevano verificarsi queste eventualità. Già al Nürburgring, nel 2007, Vitantonio Liuzzi rischiò di urtare una gru su ruote che stava dirigendosi nella via di fuga di Curva 1 per recuperare le numerose auto in ghiaia (Link al video, al minuto 6:23). In quel caso, suonò un campanello di allarme che venne ignorato.
Dalla fine del 2014, dopo l’incidente di Bianchi, cominciarono a esserci le prime perplessità ad operare in questa maniera. Un modo così normale, che sembrava sicuro, in realtà sicuro non era.
Dal 2015 era chiaro che non ci sarebbero stati più interventi con mezzi pesanti senza l’utilizzo della Safety Car. La mia esperienza di quegli anni come commissario si riferisce al circuito di Imola. Lo sconcerto dei commissari con più esperienza era notevole. Probabilmente perché convinti di riuscire a rimuovere le vetture entro un giro o al massimo due, tempo considerato accettabile.
Incidente Jules Bianchi e le nuove procedure di sicurezza
Le nuove procedure, che sono poi le attuali, prevedono l’esposizione della bandiera rossa, l’ingresso della Safety Car e l’autorizzazione dei commissari ad entrare nella via di fuga per rimuovere la o le vetture incidentate. Un’autentica rivoluzione copernicana nel mondo della sicurezza per le gare automobilistiche in pista.
Queste nuove procedure riportavano la mente alle corse americane, dove a ogni bandiera gialla corrispondeva una neutralizzazione. Era il modo più sicuro di operare, ma in Europa pensavamo fosse prerogativa degli ovali. O dello spettacolo a tutti i costi proprio del motorsport a stelle e strisce.
Questa rivoluzione fu però necessaria per aumentare la sicurezza sia per i piloti, sia per i commissari di percorso, che non sono più chiamati ad entrare in via di fuga affidandosi alla sola destrezza e buon senso dei piloti. Tutto questo è stato reso palese dal sacrificio di Jules Bianchi. Il francese ha dovuto pagare con il prezzo più alto per aumentare la sicurezza sui circuiti.