Formula 1
Senna, la serie Netflix è un ritratto della leggenda, più “umana” che mai
Le impressioni sulla serie Netflix “Senna”, tra elementi mancanti e la rivalità con la FIA e con Prost. Che non piace al francese, ma che è verosimile
È uscita due settimane fa su Netflix la miniserie Senna. Per ogni appassionato di Formula 1 e di motori la visione è automatica e quasi imprescindibile. Di Ayrton Senna si è detto tutto, a volte anche il contrario di tutto e, per una persona cresciuta a Imola, il velo di “sacralità” che c’è intorno al pilota brasiliano è anche quasi venuto a noia.
Non ho però resistito alla visione di questa serie, soprattutto perché la filmografia sul paulista non è che sia poi così affollata. Prima di questa opera c’era solamente un documentario omonimo, disponibile sempre sulla stessa piattaforma, del 2010.
Senna, la serie su Netflix. Gli inizi, già con lo zampino di Balestre
Si parte dalla fine, da un Senna trentaquattrenne che quasi accarezza l’asfalto del Tamburello in tuta Williams, qualche ora (o giorno) prima dell’incidente fatale. Una scena probabilmente mai avvenuta e che, in un certo senso, mi ha dato quasi fastidio.
Vuoi per la ricostruzione non fedelissima dell’ambientazione che, ma lo si scoprirà nell’ultimo episodio, fa da contraltare alla minuziosa riproduzione del vecchio corpo box dell’Autodromo di Imola. Vuoi per quel senso di “costruito”.
In un battito di ciglia si torna indietro di trent’anni, dalla prima “ingiustizia” subita da Senna al Mondiale di kart dell’Estoril nel 1979, quando, convinto di aver vinto il titolo, viene poi annunciato come campione il suo rivale, per via del miglior piazzamento nella seconda delle tre manche disputate.
Qui, la presenza di Jean Marie Balestre, futuro e odiato presidente FIA, e delle sue occhiate ambigue, sembrano quasi ammiccare a uno sgambetto precoce del dirigente francese al brasiliano. Un’anticipazione di quello che sarebbe accaduto dieci anni dopo. Una finzione narrativa che, onestamente, non vedo quale altro motivo abbia se non quello di presentare Balestre come l’antagonista di tutta la storia.
Si torna quindi al momento in cui papà Milton da Silva regalò al piccolo Ayrton il suo piccolo kart. Da lì, inizia l’avventura, con la partenza per l’Inghilterra (e tutte le gare di tutte le categorie propedeutiche corse nello stesso circuito), l’arrivo in F1 e il leggendario GP di Montecarlo ’84, e tutta la storia che conosciamo.
Le mille sfaccettature di Senna
Nella miniserie, Senna viene mostrato in tutte le sue sfaccettature: quella privata, quella pubblica, l’agonista e il comunicatore, il figlio, il fidanzato, l’avversario spietato in pista, la persona credente in Dio e desiderosa di dare qualcosa ai meno fortunati.
Ci si sofferma forse troppo sul Senna fuori dalle corse. A una scena di sesso improbabile alla vigilia di Monaco ’84 era preferibile la riproposizione di Donington ’93. Le scene in pista sono rese molto bene, le vetture sembrano riprodotte abbastanza fedelmente, il senso della competizione è marcato.
Si vede che siamo alle prese con una delle produzioni più mastodontiche della cinematografia brasiliana. I costumi sono straordinari e fedeli all’originale. Così come le auto, a parte qualche lieve sfumatura, riprendono i bolidi che corsero in quegli anni.
Grande spazio è stato lasciato alla storia d’amore tra Senna e Xuxa, showgirl brasiliana popolarissima in patria. Si vede anche la mano della famiglia Senna, che ha supervisionato l’opera, evitando di mostrare l’ostruzionismo ad Adriane Galisteu, ultima fidanzata del pilota, come la mancata menzione di Carol Alt, di cui Senna era l’amante.
Ma, come detto, della vita sentimentale del tre volte iridato se n’è parlato anche troppo, pur non tralasciando giustamente la parte importante del matrimonio fallito con Lilian De Vasconcelos. Quindi va bene così.
La rivalità con Prost, aspra come nella realtà. Ma il francese non è d’accordo
Nella serie, la rivalità con Alain Prost è stata resa bene. Non sembra ci siano particolari esagerazioni, considerando l’asprezza dello scontro in quegli anni. Talmente tanta era l’acredine tra i due che Senna fece una manovra “assassina” a Suzuka per garantirsi il titolo, nel 1990.
Prost, quello vero, non sembra però essere d’accordo con questo. Su Sky Sport F1, intervistato da Carlo Vanzini, ha parlato di parti inventate. È verosimile che tante cose siano state romanzate. È anche vero che trent’anni possono avere spento gli ardori del passato.
È stata resa al meglio anche la dura lotta tra il brasiliano e la FIA di Jean-Marie Balestre. Forse è questa la parte che non è piaciuta a Prost. Nella serie si allude chiaramente a favoritismi nei confronti del francese da parte della Federazione nel corso della carriera dei due.
Manca tutta la parte ‘italiana’ di Senna: il rapporto con i giornalisti italiani, sostituiti da un’inesistente giornalista inglese, Laura Harrison, e con Angelo Orsi, che diventò il suo fotografo e grande amico. Così come manca l’amicizia con Gian Carlo Minardi. Un peccato, ma probabilmente non era possibile inserire tutto.
Gabriel Leone interpreta Senna in maniera magistrale. Sembra davvero il brasiliano, anche se ha un difetto su cui purtroppo non ci può fare nulla: gli manca quel velo di malinconia negli occhi, un tratto caratteristico di Senna. Quello però c’è o non c’è.
Senna su Netflix è veloce come Magic. Ma più “umano” che mai
La serie scorre bene, divorarsi tutte le sei puntate da circa un’ora in un sol boccone non è un’impresa, anzi. È difficile fermarsi tra un episodio e l’altro. Senza dubbio è un prodotto ben fatto, soprattutto tecnicamente.
Certe mancanze o licenze televisive possono far storcere il naso, questo è vero. L’avvento nel Circus di Michael Schumacher non è praticamente citato. La fiction non è la realtà. Per condensare in sei ore oltre trentaquattro anni di vita di uno dei piloti più forti della storia, qualcosa deve essere omesso.
Questa serie si rivolge sia a chi Senna l’ha vissuto, da coevo, sia a chi, come me, non l’ha mai visto correre in diretta. Lo spaccato restituito del pilota brasiliano è aderente con la realtà, senza particolari distorsioni.
Chi ha conosciuto Senna o chi l’ha visto correre può non essere d’accordo. È comprensibile: chi ha vissuto la sua epopea in diretta ha potuto cogliere sfumature che una serie appiattisce.
La serie Netflix su Senna ci avvicina però, ancora una volta, alla leggenda del brasiliano. Restituendoci un Senna più umano di quello che ci siamo mai immaginati.