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Incidente Borja Gomez, il racconto di Filippo Fuligni. Si poteva evitare?

Intervistato da Edoardo Vercellesi per Yellow Flag Talks, Filippo Fuligni ha raccontato la dinamica dell’incidente di Borja Gomez. Che, probabilmente, poteva essere evitato

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Borja Gomez (© FIM JuniorGP)
Borja Gomez (© FIM JuniorGP)

Lo scorso 3 luglio, a Magny-Cours, i test pre-gara dello Junior GP sono stati funestati dalla morte di Borja Gomez Rus, pilota ventenne che correva nella categoria Stock600, nella quale era primo in classifica dopo due gare. Borja Gomez è stato vittima di un incidente che, secondo le testimonianze dei presenti, poteva essere evitabile. Quella più preziosa è di Filippo Fuligni, pilota di 26 anni con esperienza nel Mondiale Supersport, che purtroppo ha assistito a tutto ciò che è accaduto.

Edoardo Vercellesi, telecronista per Sky Sport del Mondiale Superbike e degli altri campionati delle derivate di serie, lo ha intervistato per il sito Yellow Flag Talks, da anni impegnato nella diffusione della cultura della sicurezza in pista.

La dinamica dell’incidente di Borja Gomez secondo la testimonianza di Fuligni

La prima caduta

Quello che emerge dalle parole di Fuligni, che per via della delicatezza dell’argomento riprendiamo fedelmente come riportate da Vercellesi, è un quadro che mostra diversi spunti di miglioramento. «Il giovedì prevede due turni di prove libere da quaranta minuti. Noi stavamo affrontando il primo, che era iniziato da circa sette minuti, quindi avevamo fatto due o tre giri a testa. Condizioni perfette, tutto asciutto, temperatura intorno ai ventitré gradi. All’uscita della Adelaide (curva 5) Alberto Garcia, il compagno di squadra di Borja Gomez, ha avuto un problema tecnico e ha perso dell’acqua, probabilmente con dei prodotti dentro, quindi molto scivolosa. Dalla Adelaide ha proseguito fino alla curva 9, dove i marshal hanno caricato la sua moto e l’hanno portata via.

Dei due piloti dietro di lui, uno ha rischiato di cadere perché ha preso la traccia di acqua. Poi è arrivato Borja, che è caduto alla frenata della variante NurburgringGli si è chiuso il davanti in staccata e ha avuto una normale scivolata. Borja si è alzato ed è corso verso le barriere di gomme perché probabilmente, ma questa è una mia interpretazione, ha capito che la situazione in pista era strana: una caduta al terzo giro di un turno di libere, per un pilota esperto come lui, non è normale».

La seconda caduta

Prosegue Fuligni: «In quella curva non c’erano né bandiere, né pannelli luminosi che segnalassero il pericolo. C’era un solo commissario, che non è andato ad aiutarlo a tirare su la moto. Circa ventidue secondi dopo è caduto Joan Santos, ma in questi ventidue secondi cos’è successo: Borja ha aspettato un attimo e poi, visto che nessuno andava a dargli una mano e che i tre piloti seguenti non sono caduti (perché sono passati lontani dalla traccia d’acqua), è andato a riprendere la moto. Il suo unico errore è stato, probabilmente, dare le spalle alla pista, quindi non ha visto cadere Santos. Santos è arrivato alla Nurburgring e gli si è chiuso il davanti: lui è caduto dalla moto, ma questa ha ripreso grip, si è rialzata ed è andata dritta verso Borja, colpendolo alle spalle. Lì con una 600cc si arriva in quinta piena a oltre duecento all’ora».

La terza caduta

«Una decina di secondi dopo sono arrivato io», continua Fuligni. «E ancora, dopo due cadute, non c’era nessuna segnalazione e nessun commissario ad aiutare i piloti. Avvicinandomi ho visto la polvere della ghiaia, quindi mi è venuto istintivo chiudere il gas e arrivare piano alla staccata. Ero perfettamente sopra la traccia bagnata e mi si è chiuso il davanti da dritto. Ho smesso di scivolare abbastanza presto, lontano dalla via di fuga e quindi, cosciente che ci fosse qualcosa di viscido in pista, mi sono arrampicato sopra le barriere di gomme.

Proprio mentre lo facevo hanno acceso i pannelli rossi, ma non segnalavano che tipo di problema specifico ci fosse. Non c’era, per dire, la bandiera gialla e rossa (che segnala una qualsiasi potenziale variazione di aderenza in pista, n.d.a.), che era la cosa più giusta da fare viste le tre cadute in trenta secondi. Se non mi fossi sbracciato per dire a tutti di stare lontani dalla traiettoria ideale, sarebbero caduti altri piloti. Quando sono sfilati tutti sono sceso dalle gomme, ho visto tre moto per terra. Santos era in piedi, ma non vedevo il terzo pilota. Mentre tornavo verso la mia moto mi è caduto l’occhio sul corpo di Borja, fermo immobile». Il racconto di Fuligni continua, denunciando l’arrivo dei soccorsi in ritardo che ha tolto ogni speranza di sopravvivenza a Borja Gomez. Vi invitiamo a leggerlo integralmente.

L’incidente poteva essere evitato?

Come detto, ascoltando la testimonianza di Filippo Fuligni sull’incidente occorso a Borja Gomez, i margini di miglioramento ci sono. Il secondo incidente, da questa preziosa testimonianza, poteva essere evitabile. Le bandiere gialle, in condizioni normali, devono essere mostrate quasi istantaneamente. Se un commissario di percorso è presente sul tratto di pista e ha una bandiera gialla in mano, come deve essere, sempre pronta all’uso, il tempo di esposizione è quello di reazione umana. Uno, due secondi al massimo. E chi scrive lo dice perchè lo fa.

Sui motivi per cui quelle bandiere gialle non sono mai uscite, le ipotesi possono essere tante. Una può essere la mancanza di personale sufficiente in pista, l’altra la decisione, per contenere i costi di quella giornata di prove libere, la decisione di gestire le bandiere dalla race control. Lì, con tante curve da controllare attraverso il circuito interno di telecamere, i tempi di reazione si dilatano.

Sul perchè il commissario presente nella curva non abbia assistito Borja Gomez nel recupero della sua moto, anche qui, le motivazioni possono essere diverse. Se, per quanto riguarda le gare di auto, le procedure prevedono che sia la direzione gara a dare, via radio, il permesso ai commissari di avvicinarsi al luogo dell’incidente, solitamente per le moto è diverso. I commissari, in genere, si muovono in autonomia, non appena terminata la caduta. Tutto dipende dalle disposizioni date dalla direzione gara.

In più, le prove libere private si muovono su un’area grigia. Spesso la responsabilità delle attività in pista può ricadere su aziende specializzate in questo tipo di eventi, sui circuiti stessi o sull’organizzatore della gara del fine settimana, in questo caso la Dorna. Negli eventi non sotto l’egida di una federazione, non sempre è prevista la presenza di commissari di pista dotati dell’apposita licenza sportiva di riferimento. Le indagini della polizia francese faranno il loro corso. Ma qualcosa da migliorare, probabilmente, c’è. E grazie sia a Edoardo Vercellesi per l’articolo che a Filippo Fuligni per aver fatto luce sull’accaduto. Nonostante non sia di certo cosa semplice rivivere quei momenti. Ma è necessario per fare sì che non si ripeta.

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