MotoGP
Kevin Schwantz, cowboy a stelle e strisce
L’americano, nato in Texas, è un’icona delle due ruote e del motomondiale. Un titolo in bacheca e tanto spettacolo regalato ai tifosi di tutto il mondo.

Questo fine settimana si svolgerà il GP delle Americhe in Texas ad Austin. Gli USA hanno regalato moltissimi campioni al motomondiale e al palcoscenico motoristico delle due ruote. A pochi chilometri dal COTA è nato un’icona statunitense che ancora oggi è un idolo degli appassionati delle moto: Kevin Schwantz.
L’inizio della leggenda
Salì in moto a soli tre anni e impressionò subito per la sua naturalezza in pista. Già da giovane, un suo connazionale di grande rilievo, Eddie Lawson, lo portò a correre in Europa annunciandolo come una futura promessa.
Lawson non si sbagliò. Dopo qualche anno tra i campionati europei e americani come l’AMA, Schwantz ebbe l’occasione di esordire nella classe regina delle due ruote, la 500. Fu Suzuki a dargli questa possibilità, e il pilota texano legò tutta la sua carriera alla casa di Hamamatsu, diventandone un simbolo e portandola al vertice del mondo.
Nel 1986, all’età di 22 anni, fece il suo debutto e su quattro gare ottenne già due piazzamenti a punti. L’anno successivo, in tre partecipazioni, chiuse sempre in top ten con un quinto posto in Spagna come miglior risultato. Nel 1988 disputò la sua prima stagione completa e ottenne la sua prima vittoria al GP del Giappone, dimostrando il talento che avrebbe rivoluzionato il motociclismo.
La scalata al titolo e il ritiro
Anno dopo anno, Schwantz si impose come uno dei protagonisti della 500. Nel 1989 lottò per il titolo e conquistò ben sei vittorie, ma i troppi ritiri lo relegarono al quarto posto in classifica. Da quella stagione, fece della costanza il suo obiettivo principale per conquistare il titolo, sfiorandolo nel 1990 e nel 1991, quando si classificò rispettivamente secondo e terzo.

Kevin Schwantz con la sua Suzuki Lucky Strike #34 (© motogp.com)
Il coronamento del suo sogno arrivò nel 1993, al termine di una battaglia estenuante con Wayne Rainey. Purtroppo, il rivale dovette abbandonare le corse a causa di un tragico incidente a Misano. Schwantz vinse il titolo mondiale, portando Suzuki all’ennesima gloria. Nel 1995, a causa di un infortunio, fu costretto al ritiro. L’annuncio arrivò al Mugello, tra le lacrime, perché il texano non era ancora pronto a dire addio alle corse.
Un’icona senza tempo
Dopo il ritiro, Schwantz si reinventò, dedicandosi alle corse automobilistiche nella NASCAR, dove vinse anche due gare. Il suo legame con Suzuki rimase saldo e divenne ambasciatore del marchio.
Nel 2011 fu protagonista di uno dei momenti più commoventi della MotoGP: al GP di Valencia guidò la Honda di Marco Simoncelli in un corteo in onore del pilota scomparso a Sepang. La FIM, in segno di rispetto, ritirò il suo iconico numero 34.
Schwantz ha riscritto le leggi del motociclismo, influenzando generazioni con il suo stile aggressivo ed energico, tanto da guadagnarsi il soprannome di “pilota kamikaze”. Ancora oggi, nel paddock della MotoGP, viene accolto come una leggenda vivente, perché piloti di questo calibro non smetteranno mai di essere eroi.