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Ferrari crolla in borsa. Vigna: «Il nostro compito è rispettare gli obiettivi ed essere prudenti»

Il nuovo piano industriale 2026-2030 non convince gli investitori: il titolo Ferrari crolla del 15% dopo la presentazione dei target del futuro, giudicati troppo prudenti. Ma da Maranello arriva la conferma: la rotta resta quella della solidità e della continuità.

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La sede Ferrari a Maranello
La sede Ferrari a Maranello (© Ferrari)

La Ferrari ha presentato il suo nuovo piano industriale 2026-2030, delineando la strategia che guiderà il Cavallino nei prossimi anni. Conseguentemente il titolo del marchio italiano ha perso oltre il 15% in un solo giorno, segnando la peggior performance dal 2016.
Un calo che ha sorpreso molti, soprattutto considerando i risultati record e la reputazione di affidabilità costruita negli anni. Ma perché Ferrari ha accusato un calo così importante in borsa?

Un piano solido, ma poco “visionario” per gli investitori

La Ferrari si è proiettata verso il futuro nel segno della continuità strategica. Il Cavallino punta su quattro pilastri: unicità, neutralità tecnologica, agilità produttiva e centralità del cliente, come confermato dall’amministratore delegato Benedetto Vigna.

Il piano prevede ricavi a circa 9 miliardi di euro nel 2030, con un utile operativo di almeno 2,75 miliardi e una marginalità del 30%. Obiettivi accompagnati da ingenti investimenti di 4,7 miliardi e 8 miliardi di flussi di cassa.

Numeri importanti, ma giudicati “troppo prudenti” dagli investitori: la reazione immediata della Borsa è stata durissima. Le azioni Ferrari hanno chiuso la giornata in calo del 15,4%, la peggior seduta dal 2016, tornando sui livelli di febbraio 2024.

Un dettaglio della Ferrari F80

Un dettaglio della Ferrari F80 (© Ferrari)

Le cause del crollo: tra aspettative e realtà

Il ribasso non è dovuto a una crisi industriale, bensì a un effetto di delusione. Gli analisti si aspettavano target più ambiziosi, con una crescita media annua vicina al 10%, mentre il nuovo piano prevede un incremento del 6%. La Ferrari ha comunque rivisto al rialzo i target 2025: ricavi ad almeno 7,1 miliardi, utile operativo di 2,06 miliardi e utile per azione di 8,8 euro. Ma per il mercato è stato “troppo poco”.

Il titolo Ferrari resta comunque uno dei più solidi del comparto automotive e del lusso. Negli ultimi dieci anni il valore in Borsa è cresciuto del 1660%, con una capitalizzazione di circa 76 miliardi di euro, superiore a quella di colossi come Volkswagen. Ferrari mantiene numeri da azienda del lusso, non da semplice costruttore automobilistico: un posizionamento unico, costruito su margini record e una reputazione senza eguali.

I motori del futuro: libertà di scelta e neutralità tecnologica

Nel piano al 2030, la Casa di Maranello conferma la sua visione di neutralità tecnologica. Entro il 2030, la gamma sarà composta per il 40% da modelli a benzina, 40% ibridi e 20% elettrici.

La prima Ferrari elettrica arriverà entro la prima metà del 2026: avrà quattro porte, quattro posti, quattro motori elettrici, oltre 530 km di autonomia e una velocità massima di 310 km/h.

Ma l’obiettivo non è sostituire il rombo dei V12: «L’elettrica sarà un’aggiunta alla gamma», spiega Vigna. «Un’opportunità per ampliare la base clienti, mantenendo le emozioni di guida che ci contraddistinguono».

Benedetto Vigna (© Ferrari)

Benedetto Vigna (© Ferrari)

Innovazione, formazione e sostenibilità

L’innovazione resta un pilastro strategico. Ferrari svilupperà internamente software e componenti chiave, lavorando su materiali aerodinamici adattivi e superconduttori per motori elettrici.

Sul fronte ambientale, l’obiettivo è ambizioso: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2030 e neutralità carbonica grazie all’uso di energie rinnovabili, pannelli solari e biometano. Nasce con questa ottima anche il polo M-TECH Alfredo Ferrari, in collaborazione con Fondazione Agnelli e le istituzioni locali, per formare le nuove generazioni di tecnici e ingegneri della Motor Valley.

Conclusione: un piano prudente, ma coerente

Può l’innovazione a lungo termine della Casa di Maranello aver spaventato gli azionisti? No, non sembra essere la prima Ferrari elettrica ad essere la causa scatenante del crollo in borsa della Ferrari. Il brand italiano per il suo posizionamento fa bene a seguire le tendenze e ad ampliare la sua gamma prodotto, per esaudire le richieste dei suoi clienti.

L’elettrico ormai è una realtà consolidata nel mercato automotive e nei mercati in via di sviluppo è in crescita. Una soluzione per chi ama le tecnologie innovative e alternative, ed è per questo Ferrari fa bene a inserirsi in quel segmento.

Sembra invece essere un’oscillazione dovuto alla presentazione del piano a lungo termine, dal quale gli investitori si aspettavano numeri migliori e di più ampia prospettiva. Ma anche per un marchio di lusso come quello modenese, l’equilibrio deve essere all’ordine del giorno.

Pur essendo un marchio di lusso e quindi appartenendo ad un mercato per clienti che non conoscono la crisi, anche Ferrari deve porsi traguardi che non sbilancino troppo i numeri e disattendano le aspettative.

Ferrari ha scelto la sostenibilità e la solidità rispetto alla corsa ai record. Come ha spiegato Benedetto Vigna: «Il mercato si aspettava di più, ma il nostro compito è rispettare gli obiettivi, non inseguire numeri irrealistici. Dobbiamo essere prudenti».

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