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L’addio alle gare di Bertolini: «Mi sento un privilegiato, da figlio di un barista alla Ferrari con tanta passione»

Andrea Bertolini a Monza ha detto stop alla sua carriera agonistica da pilota. Le emozioni nella conferenza stampa per il suo addio alle gare

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Andrea Bertolini nella conferenza stampa per il suo addio alle gare (© SRO)
Andrea Bertolini nella conferenza stampa per il suo addio alle gare (© SRO)

Andrea Bertolini ha detto addio alle gare. Non si allontanerà dal motorsport, questo no, contribuendo ancora allo sviluppo delle vetture Maserati e Ferrari e continuando a fare il coach dei piloti. Ma non lo vedremo più lottare per una vittoria in gara. Bertolini si è ritirato ancora capace di fornire buone prestazioni, come si è visto proprio nella gara di Monza del GT World Challenge Europe.

Bertolini cominciò a correre nel 2001 proprio a Monza, a bordo di una Porsche grazie a un permesso fornito dalla Ferrari. Il pilota sassolese è un uomo Ferrari (e Maserati), brand portati a lui in alto nel mondo. Ha conquistato ben dieci titoli, diventando l’italiano più vincente di sempre nel GT, con 309 partenze e 58 vittorie, 128 podi, 26 pole position e 17 giri più veloci.

La conferenza stampa che ha preceduto la sua ultima gara è stata un viaggio emozionante fra ricordi, successi e insegnamenti. Fatto spesso con le lacrime agli occhi, sia per Bertolini che per chi ha vissuto il suo percorso.

Il titolo più importante? «Il 2006, prima pensavo di essere veloce ma sfortunato»

Alla domanda su quale sia stato il titolo più importante vinto in carriera, Bertolini, riflettendo nel weekend del suo addio alle gare, non ha dubbi: «Il primo è stato probabilmente il più importante per me. Sai perché? Perché tutti parlano delle vittorie, ma io sono stato fortunato. Ho sempre lavorato con i migliori ingegneri, compagni di squadra e team, con la macchina migliore sul pianeta. Questo è il motivo per cui abbiamo vinto tanto. Ma ho anche perso tanti campionati.

Nel 2001 non c’era pressione, ma nel 2003 eravamo team ufficiale con la 360 GTC e perdemmo il campionato per un guasto meccanico. Per il 2004 sviluppai la MC12 e disputammo solo quattro gare, senza poter vincere. Nel 2005, all’ultima gara in Bahrain, di nuovo un problema meccanico ci fermò. Cominciai a pensare di essere uno di quei piloti considerati veloci ma sfortunati. Il 2006 fu l’anno in cui finalmente riuscimmo a mettere tutto insieme e vincere».

Quanto alla vittoria più bella, Bertolini cita la 24 Ore di Spa del 2006: «Per me è la gara endurance più dura per un pilota. Vincemmo dopo un grande duello. È stata una vittoria speciale, così come quella di Monza nello stesso anno».

Bertolini sul podio della 24 Ore di Spa (© SRO)

Bertolini sul podio della 24 Ore di Spa (© SRO)

Ripercorrendo i momenti difficili, Bertolini ha spiegato come abbia sempre mantenuto alta la determinazione: «Determinazione e supporto del team. Dopo la delusione in Bahrain 2005, mi trovai solo sulle tribune a riflettere. Ma ho sempre avuto la capacità di resettare. A casa ho una famiglia che mi dà tanta energia, soprattutto nei momenti difficili. Ogni sconfitta insegna che bisogna curare ancora di più i dettagli. Non ho mai sentito il peso della pressione e questo mi ha aiutato molto».

Cosa mancherà di più delle corse? «Il confronto con gli altri. Quello è qualcosa che ti resta dentro. Poi magari farò qualche discesa in bici con mio figlio. E avrò un po’ più di tempo per seguirlo alle sue partite di calcio». Quanto ai nuovi impegni: «Resterò sempre nel mondo del motorsport. Continuerò a seguire lo sviluppo delle auto da corsa per Ferrari e Maserati e i nostri piloti ufficiali. E poi continuerò a divertirmi con i ragazzi, che mi tengono giovane».

Il difficile momento della scelta

Non è mai facile per un pilota decidere di smettere, soprattutto quando è ancora competitivo. Bertolini ha precisato però che il suo addio è solo alle gare: «Non appendo il casco al chiodo. Sono nato col casco e continuerò a usarlo anche per un giro in moto. Resterò coinvolto nello sviluppo delle nostre auto da corsa. La decisione è arrivata gradualmente. Mi sento fortunato ad avere 51 anni e correre ancora in un campionato così competitivo. Non posso più dare quello che davo anni fa in termini di prestazioni, ma posso essere utile per lo sviluppo».

Bertolini ha sottolineato l’importanza di poter scegliere il momento giusto: «Nello sport non è facile avere la possibilità di decidere quando smettere. Io ho avuto questa fortuna. La squadra voleva che continuassi, ma ho deciso io. Questo mi rende molto orgoglioso».

Alla domanda sul ricordo più bello della sua carriera, Bertolini ha risposto senza esitazione: «I rapporti con le persone. Sono questi che mi hanno sempre dato la spinta in più. Ogni stagione è legata alle persone con cui ho lavorato. I ricordi sportivi sono tanti, ma quello che porto con me sono le relazioni umane». Un momento indelebile rimane la chiamata di Jean Todt: «Quando mi chiamò in ufficio dicendomi che avrei dovuto iniziare a fare i test in Formula 1… Per un ragazzo come me, figlio di un barista, fu un momento incredibile».

Andrea Bertolini con alcune Ferrari F1 storiche (© Ferrari)

Andrea Bertolini con alcune Ferrari F1 storiche (© Ferrari)

Bertolini nel giorno del suo addio alle gare: «Il talento non basta, serve duro lavoro»

Sul suo ruolo di tutor e sull’eredità lasciata ai giovani, Bertolini riflette con umiltà: «Dovreste chiederlo a loro. Per me lavorare con i giovani mi mantiene giovane. Io sono partito da zero: mio padre non era nel motorsport, ma mi trasmise la passione per tenermi lontano dalle strade sbagliate. Ho fatto passo dopo passo, con tanta fortuna e le persone giuste al mio fianco».

Il messaggio che vuole trasmettere è chiaro: «La passione e la disciplina sono fondamentali. Il talento da solo non basta: serve duro lavoro. Solo così puoi rimanere al top a lungo».

C’è qualcuno che potrebbe essere l’erede di Bertolini? «Spero che siano migliori di me. Ho avuto la fortuna di seguire tanti ragazzi, come Alessandro Pier Guidi. All’inizio non è stato facile, faceva tanti errori, ma oggi è uno dei migliori. Ho lavorato anche per la Driver Academy, con piloti come Mirko Bortolotti e Raffaele Marciello.

Sono tutti ragazzi speciali. Ho sempre detto loro di divertirsi. Però questo è un messaggio che chi lo vuol capire, è chiaro. Ci si diverte quando si vince, no? Quindi auguro loro di divertirsi quanto me, anche se non credo sia facile: io mi sono divertito tanto».

Bertolini in griglia di partenza nel giorno del suo addio alle gare (© SRO)

Bertolini in griglia di partenza nel giorno del suo addio alle gare (© SRO)

Infine, un consiglio che avrebbe voluto ricevere a inizio carriera e che è sentito di dare ai giovani: «Sono stato fortunato perché ho avuto dei maestri di vita. Il consiglio è circondarsi di persone vere, che ti dicono subito quando sbagli. Se vuoi migliorare, devi riconoscere i tuoi errori. Nel motorsport, come nella vita, c’è memoria per gli errori. Un pilota deve essere veloce, costante, concreto, ma anche molto furbo e intelligente.

Non bisogna rischiare inutilmente: il nome sul trofeo è quello che conta. Il pilota è il finalizzatore del lavoro di una squadra, un po’ come il centravanti nel calcio. Devi concretizzare il lavoro di tante persone che lavorano più duro di te».

Andrea Bertolini lascia le corse da protagonista e con la serenità di chi ha dato tutto: «Mi sento un privilegiato. Ho vissuto ogni momento a pieno e con grande gioia. Adesso inizia una nuova fase, ma con la stessa passione di sempre». Un esempio per chi c’è e per chi verrà. Un campione dentro e fuori la pista.

Andrea Bertolini a Monza (© SRO)

Andrea Bertolini a Monza (© SRO)

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