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MotoGP | La crisi senza fine di Honda

La Honda è ormai in crisi nera da anni. La cosa preoccupante è che ad oggi non da particolari segnali di ripresa.

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Luca Marini, pilota Honda da questa stagione
Luca Marini, pilota Honda da questa stagione (©Honda Racing)

Fino a pochi anni fa c’erano due team giapponesi che lottavano per le posizioni di vertice in MotoGP. Honda e Yamaha hanno avuto per anni il controllo assoluto della massima serie motociclistica. Dal 2002, anno di nascita della MotoGP attuale, al 2019, solo Stoner e la Ducati riuscirono nell’impresa di rompere questa catena, con il titolo del 2007.

In quegli anni, il meticoloso metodo giapponese era il più redditizio, adesso però la storia è cambiata. Dopo un paio di stagioni transitorie, Ducati ha cominciato a imporsi in modo deciso sulla concorrenza. Al contempo anche Aprilia e KTM, altri team europei, hanno cominciato a farsi notare. Le giapponesi, invece, hanno cominciato il loro declino e la Honda in particolare sembra sempre più dispersa.

L’inizio della fine per Honda

La fine dei sogni di gloria della casa di Tokyo ha una data ben precisa: 19 luglio 2020. In quel periodo, Marc Marquez, proprio in sella alla Honda, era il dominatore assoluto della MotoGP. Il binomio sembrava imbattibile, i numeri di quel periodo sono impressionanti: 6 mondiali piloti vinti in 7 anni.

La stagione 2020, iniziata in piena estate a causa della pandemia mondiale, si rivelò essere una sliding door importante per le carriere di Marquez e della stessa Honda. Il 19 luglio, data della prima tappa a Jerez, Marquez finì lungo nei primi giri mentre era in testa. Costretto ad una furiosa rimonta, che gli stava anche riuscendo, cadde malamente rompendosi l’omero in più punti.

Quell’anno alla fine non riuscì più a rimettersi in sella e Honda portò a casa appena due podi con suo fratello Alex. Anche dopo essere rientrato, con tutte le problematiche fisiche del caso, Marc non riuscì più a ritrovare realmente il feeling con la sua moto. Da qui la decisione di accasarsi al team Gresini per la stagione attuale.

Una crisi di metodo

Le scelte sbagliate di Honda in questi ultimi anni sono state molte. Il fatto che ex piloti validi come Dani Pedrosa e Cal Crutchlow siano finiti a fare i tester per altre case non ha aiutato. Dall’anno prossimo ci sarà Aleix, che potrebbe dare una mano nello sviluppo, vedremo come andrà. Il problema principale sembra essere il coraggio di apportare cambiamenti in corsa.

Come detto, nello stesso periodo di tempo, c’è stata l’incredibile ascesa di Ducati. La casa di Borgo Panigale ha cominciato la sua risalita dal 2015 quando, dopo anni bui, è tornata a giocarsi qualche podio. Da lì Ducati non si è più fermata e ha cominciato a vincere sempre di più, arrivando ai due mondiali consecutivi di Bagnaia (e questo lo vinceranno di nuovo loro).

La differenza l’ha fatta il coraggio di Dall’Igna e soci nel cercare e trovare soluzioni innovative, che sono poi man mano state copiate dai rivali. Una questione su tutte è quella relativa all’aereodinamica. In questo campo Ducati ha costruito gran parte dei suoi successi grazie a decisioni molto coraggiose che si sono rilevate vincenti.

Il metodo giapponese è invece molto più lento. Prima di approvare determinate soluzioni, gli ingegneri del Sol Levante impiegano molto più tempo rispetto che in Italia o da altre parti. Questo sicuramente garantisce un elevatissimo grado di sicurezza, ma allo stesso tempo fa perdere mesi di sviluppo preziosi.

Per info chiedere a Yamaha

La casa di Iwata è stata vittima per parecchio tempo di questa prassi e ha deciso per un netto cambio di rotta. Lo stesso Maio Meregalli, intervistato da Sky Italia nel corso delle prove libere del Sachsenring, ha spiegato bene la differenza principale rispetto al passato. «Yamaha – dice – ha portato in Olanda soluzioni che erano state provate solo la settimana prima a Valencia, in passato non sarebbe mai successo».

Queste parole suonano come una mazzata totale al metodo giapponese, ormai non più adatto ad un motorsport che corre velocissimo. Yamaha, nonostante sia ancora in difficoltà, dimostra di voler quantomeno voler provare a cambiare qualcosa. L’arrivo del team Pramac, con due moto ufficiali in più a disposizione, potrebbe essere un ulteriore aiuto.

Mentre in Honda…

Ormai da anni la situazione è rimasta intatta. Sono cambiati i piloti ma mai i risultati e ora una delle case più gloriose della storia del motorsport è relegata al ruolo di fanalino di coda. Le avvisaglie c’erano già state durante gli anni d’oro, quando sia gli ultimi anni di Pedrosa che la stagione 2019 di Lorenzo furono un incubo, entrambi si ritirarono alla fine della loro avventura giapponese.

Da anni l’unico in grado di poter domare quella moto era proprio Marc, che con le sue abilità di guida riusciva a mascherarne i difetti. Tolto lui, i nodi sono venuti al pettine e la situazione è peggiorata sempre di più.

Lo scorso weekend, nella pista in cui Marquez e la Honda hanno dominato per anni, le 5 Honda in pista si sono tenute dietro solo Remy Gardner, chiamato in extremis da Yamaha per sostituire l’infortunato Rins. Vedremo se sarà stato questo il punto più basso della casa di Tokyo.

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